Si svegliò, guardò nell'alba e l'alba, era lì, senza memoria.
Camminò la terra ormai da anni senza tempo e senza storia,
fin dove gli occhi andavano, non un suono, non un fiore.
Rise e raddrizzò le sagome dei suoi alberi in cartone,
strinse in tasca i semi inutili, come il torto e la ragione.
Nel cervello già sfumava l'ombra e con l'ombra ci viveva.
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S'infilò, come abitudine, l'ago, quello di ogni sera,
e i fantasmi ritornarono per tenerlo vivo ancora.
Dormi ora, dormi piano, sei bambino sui sentieri,
l'orzo cresce, l'aria è buona, proprio come ieri.
Dormi, forse c'è qualcuno, dormi, forse non sei solo,
dormi, è l'ultimo possibile capolavoro,
dormi, è l'ultimo possibile capolavoro.
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Ma il silenzio dei fantasmi intorno,
Si riempì con un rumore e un cavallo, appena nato,
un giorno lo guardò senza capire.
Annusò quel poco d'alba, fece un passo, ma cascò.
Gli cercò per valli e giorni e mesi l'erba e l'erba non trovò.
E sudò per farlo stare in piedi, ci provò e ci riprovò.
Qualche favola degli uomini ogni sera gli inventò,
ma era disperato e inutile dargli fiato lì vicino,
era come allontanarsi un po' la pistola di un mattino...
"Dormi ora, dormi piano, che le stelle vanno via.
Dormi, ti alzerai domani, cosa vuoi che sia?
Dormi e tornerà la neve, dormi, il grano sarà d'oro,
dormi e vivi, tu sei l'ultimo capolavoro,
tu sei l'ultimo possibile capolavoro.